In Svezia c’è un museo dove il cibo disgustoso diventa affascinante: ecco il Disgusting Food Museum

Sunday 2 November 2025 08:40 - Patricia González
In Svezia c’è un museo dove il cibo disgustoso diventa affascinante: ecco il Disgusting Food Museum

Non è un ristorante né una tradizionale mostra gastronomica. È un museo che puzza, che mette a disagio e che vi sfida a confrontarvi con i vostri limiti più elementari: ciò che la vostra cultura considera cibo e ciò che il vostro corpo percepisce come minaccia. Il Disgusting Food Museum di Malmö, in Svezia, è diventato famoso proprio per questo: ha raccolto i piatti più strani e ripugnanti del mondo, trasformandoli in un’esperienza sensoriale e morale che lascia il segno.

Dalla sua apertura, il museo ha accolto migliaia di visitatori. Il biglietto d’ingresso include letteralmente un sacchetto per il vomito, un dettaglio curioso che sottolinea il lato provocatorio dell’esperienza. Ma dietro questo gesto ironico si nasconde un’idea più profonda: ciò che per alcuni è disgustoso può essere normale, quotidiano o addirittura festoso per altri.


Il menu impossibile: ottanta modi per dire "no, grazie"

Il museo riunisce circa ottanta cibi provenienti da tutto il mondo. Alcuni suscitano curiosità, altri provocano un immediato impulso a fuggire. Tutti, però, ci costringono a riflettere sui nostri pregiudizi alimentari e sul confine tra ciò che consideriamo “cibo” e ciò che troviamo ripugnante.

Piatti celebri che sfidano i sensi

Tra i più famosi c’è il surströmming, un’aringa baltica fermentata per mesi, considerata una prelibatezza in Svezia. Il suo odore, intenso e pungente, è così forte che di solito viene aperta all’aria aperta, lontano da qualsiasi edificio.

In Giappone, un classico è il nattō, semi di soia fermentati che si attaccano alle bacchette con fili viscosi. I suoi sostenitori lo considerano il segreto della longevità giapponese, mentre per molti ricorda una colla dall’odore pungente.

Nel settore caseario, il protagonista è il casu marzu, un formaggio sardo fermentato con larve di mosca e vietato nell’UE. In Islanda, l’equivalente è l’hákarl, carne di squalo sepolta per settimane, servita durante le feste con lo stesso entusiasmo dello champagne.

Altri esempi sorprendenti includono il vino di topo cinese, il vino medicinale coreano a base di escrementi di bambino, il liquore di serpente vietnamita, il porcellino d’India peruviano, l’iguana colombiana e le bevande energetiche messicane con testicoli di toro.


Uno specchio dei nostri pregiudizi

Il museo non prende in giro nessuno: il suo messaggio è chiaro, il disgusto è culturale. Ciò che in una parte del mondo provoca repulsione, in un’altra è segno di ospitalità, identità o prestigio.

Basta guardare l’Europa: il casu marzu fa orrore a Bruxelles, mentre milioni di francesi amano i formaggi erborinati, anch’essi costituiti da muffe vive.

Questa esperienza mette in luce la soggettività del disgusto: se vi ripugna l’uovo secolare cinese, forse è solo perché non siete cresciuti con esso. Allo stesso modo, chi non ha mai assaggiato il black pudding britannico o il foie gras potrebbe trovarli sgradevoli.

Fascino e repulsione: l’essenza del museo

Il Museo del cibo disgustoso non è solo un’attrazione turistica, ma un invito a riflettere sul cibo e sul disgusto. Secondo il fondatore, Samuel West, ogni Paese ha qualcosa che provoca ribrezzo, e il limite tra accettabile e disgustoso è sempre soggettivo.

Oltre la provocazione

Il museo va oltre la semplice provocazione: non vuole soltanto sorprendere, ma stimolare il pensiero critico. Al termine della visita, ciò che rimane non è il cattivo odore, ma la consapevolezza che il disgusto è un costrutto sociale. Allenare palato e mente a nuove esperienze aiuta a osservare il mondo e il cibo in modo diverso, soprattutto in un pianeta dove le risorse scarseggiano e ciò che oggi appare “disgustoso” potrebbe diventare la salvezza di domani.

Mangiare o non mangiare: la scelta finale

La visita si conclude con un’area di degustazione. Qui si può assaggiare un pezzo di surströmming, un sorso di liquore di serpente o un assaggio di gomma da masticare al gusto di carne marcia. Molti rinunciano prima del secondo morso, ma alcuni osano.

L’inevitabile domanda resta sospesa nell’aria: avreste il coraggio di provare cibi fermentati, formaggi con vermi o piatti esotici considerati “disgustosi”? Forse sì, se vi venisse detto che fanno parte di un’antica cerimonia, o se un giorno la FAO annunciasse che gli insetti saranno il cibo del futuro. Allora, il concetto di disgusto potrebbe cambiare completamente.

Patricia GonzálezPatricia González
Appassionata di cucina e buon cibo, la mia vita si muove tra parole ben scelte e cucchiai di legno. Responsabile, ma distratta. Giornalista e redattrice con anni di esperienza, ho trovato il mio angolo ideale in Francia, dove lavoro come redattrice per Petitchef. Adoro il bœuf bourguignon, ma mi manca il salmorejo di mia madre. Qui, combino il mio amore per la scrittura e i sapori succulenti per condividere ricette e storie di cucina che spero possano ispirarti. La tortilla, mi piace con cipolla e poco cotta :)

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anonymous

Tu puoi mangiare la merda che ti pare, ma ,per favore, non cercare di convincerci che è roba buona !

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