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5 miti da sfatare sui disturbi alimentari. Ecco quali sono!
5 miti da sfatare sui disturbi alimentari. Ecco quali sono!
lunedì 13 gennaio 2025 14:01
Mangiare può rappresentare una vera sfida per molte persone. I disturbi alimentari sono patologie complesse che coinvolgono non solo le abitudini alimentari, ma anche la sfera psicologica ed emotiva di chi ne è colpito. Spesso circondati da stereotipi, i disturbi da alimentazione incontrollata generano numerose idee preconcette che rendono difficile il loro riconoscimento e un trattamento adeguato. Smantellare queste convinzioni è fondamentale per offrire un supporto migliore a chi ne soffre e promuovere un percorso di cura efficace. Ecco cinque falsi miti da sfatare.
1. Un problema che riguarda solo le giovani donne
Esiste un diffuso malinteso secondo cui i disturbi alimentari riguarderebbero esclusivamente le adolescenti e le giovani donne. In realtà, questi disturbi possono colpire persone di qualsiasi età, genere e provenienza. Secondo l'ANAD (National Association of Anorexia Nervosa and Associated Disorders), gli uomini rappresentano dal 10% al 25% dei casi, ma spesso la diagnosi viene ritardata a causa di stereotipi e pregiudizi culturali. Inoltre, i disturbi alimentari possono manifestarsi anche nei bambini in età prepuberale o negli adulti, spesso in seguito a eventi stressanti o cambiamenti significativi nella loro vita. Questi dati sottolineano l'importanza di superare gli stereotipi e riconoscere i segni dei disturbi alimentari in ogni fascia della popolazione.
2. È tutta una questione di cibo
Ridurre i disturbi alimentari a un semplice comportamento alimentare anomalo significa trascurare la loro complessità e profondità. Questi disturbi rappresentano spesso l’espressione di una sofferenza psicologica profonda, in cui il cibo diventa uno strumento per affrontare emozioni difficili come ansia, senso di colpa o un profondo vuoto emotivo. Ad esempio, l’anoressia può incarnare il bisogno di controllo in un contesto percepito come caotico e imprevedibile, mentre la bulimia o l’iperfagia possono rappresentare un tentativo di lenire ferite emotive o colmare un senso di mancanza interiore.
3. Le persone affette da disturbi alimentari sono inevitabilmente magre
L'idea che solo i corpi magri siano indicativi di un disturbo ossessivo-compulsivo è non solo errata, ma anche pericolosa. Molte persone, in particolare chi soffre di bulimia o di disturbo da alimentazione incontrollata, possono avere un peso ritenuto "nella norma" o essere in sovrappeso. Questo pregiudizio contribuisce a rendere invisibili tali casi, ritardando spesso la diagnosi e l'accesso a cure adeguate. Il disturbo ossessivo-compulsivo legato all'alimentazione non si manifesta esclusivamente attraverso l'aspetto fisico, ma si riconosce nel rapporto alterato con il cibo e con il proprio corpo, a prescindere dalla corporatura della persona.
4. Una semplice scelta alimentare o un capriccio
Questa convinzione sminuisce la gravità dei disturbi alimentar i e alimenta un senso di colpa in chi ne soffre. I disturbi alimentari non sono una scelta, ma patologie complesse, il risultato di una combinazione di fattori biologic i, genetici, psicologici e ambientali. Ad esempio, le ricerche condotte dall'INSERM (Institut national de la santé et de la recherche médicale) evidenziano un legame tra specifici gen i e la predisposizione a sviluppare un disturbo alimentare. A ciò si aggiungono le pressioni sociali legate all’aspetto fisico, i traumi e le dinamiche familiari, che contribuiscono significativamente al problema. Chi è affetto da un disturbo alimentare non sceglie di star male, ma ha bisogno di comprensione, supporto e cure, non di giudizi.
5. Una cura completa
Sebbene i disturbi alimentari possano essere trattati, il percorso di recupero è spesso complesso e caratterizzato da alti e bassi. Alcune persone riescono a ricostruire un rapporto equilibrato con il cibo e il proprio corpo, raggiungendo una maggiore serenità, mentre altre possono continuare a essere vulnerabil i in situazioni di stress o pressione emotiva. Inoltre, le conseguenze fisiche e psicologiche, come difficoltà digestive o una percezione alterata della propria immagine corporea, possono persistere a lungo, richiedendo un supporto continuo.
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